Recentemente mi è stata data l’occasione di far parte della giuria della First Lego League, un campionato in cui squadre di ragazzi dai 9 ai 16 anni progettano, costruiscono e programmano robot autonomi! L’occasione nella quale sono stato coinvolto è stata, per la precisione, la finale nazionale di questo campionato (tenutasi a Rovereto).
Devo premettere ed ammettere che non sono un esperto di robotica, tant’è che sono stato giustamente coinvolto nella valutazione degli aspetti comportamentali e psicologici legati alla manifestazione ed alla competizione.
Inoltre da esperto di sport non nascondo lo scetticismo col quale mi sono avvicinato a questo mondo che, onestamente, reputavo un po’ distante dal mio concetto di sport!
Ed ecco che così, in punta di piedi, armato di curiosità ed attenzione ho scoperto questo mondo bellissimo, estremamente collegato allo sport e non solo!
Aldilà delle mie valutazioni specifiche, la competizione nella quale si cimentavano le squadre, provenienti da tutta Italia, consisteva nel:
- Presentare un progetto legato ad una particolare tematica (quest’anno si trattava di “Catastrofi naturali”).
- Gareggiare su un percorso di gara nel quale dovevano programmare i robot per svolgere delle missioni in condizioni di tempo ben definite e con punteggi legati al numero di missioni completate.
Confrontando i/le giovani che si allenano e gareggiano nelle loro attività sportive con le squadre presenti a Rovereto ho abbandonato subito il mio scetticismo iniziale notando quanto la First Lego League, di fatto, abbia tutti i crismi psicologici della disciplina sportiva:
- Compiti da svolgere in condizioni di tempo e con regole ben definite.
- Obiettivi da raggiungere in presenza di avversari, arbitri, giudici e di un caloroso pubblico.
- Lavoro individuale inserito in un contesto di squadra (allenamenti e gara) portando il proprio mattoncino ed assumendo un ruolo specifico (infatti i ragazzi si dividevano i compiti sia in gara che nelle presentazioni).
Se rileggiamo bene quanto appena scritto ci possiamo rendere conto di come questa competizione sia addirittura a metà strada tra sport e lavoro. Anche nel mondo del lavoro infatti ci troviamo spesso di fronte a condizioni di tempo e regole per presentare un progetto piuttosto che dei risultati, anche al lavoro abbiamo o ci vengono forniti obiettivi da raggiungere in presenza di compagni (colleghi, superiori, sottoposti, ecc..), avversari (competitor) e giudici (i clienti che possono scegliere noi piuttosto che qualcun altro).
Purtroppo nello sport questo collegamento con il mondo del lavoro spesso viene soltanto intuito, trattandosi di un contesto giocoso. La First Lego League, da questo punto di vista appare come un ponte più concreto. Infatti le squadre hanno portato progetti ed esempi che potrebbero avere un impatto diretto sul mondo nel quale viviamo, esattamente come si potrebbe fare con il proprio lavoro!
Quello che mi sono “portato a casa” da questa esperienza è che dobbiamo ricordarci che lo sport non è soltanto un fatto prettamente fisico ma anche, se non soprattutto, mentale e la First Lego League ne è stata l’ennesima dimostrazione, anche per me!
Allenare la mente (ad essere flessibile, al pensiero logico e quello creativo, al comunicare in maniera efficace, ecc..) da quindi benefici in ogni tipo di gioco o sport, indipendentemente dal fatto che esso sia condizionato da una forte componente di contatto o fisicità!
In ogni caso infatti, oltre ad allenare le capacità legate in maniera specifica a quel gioco o a quello sport, si lavora anche su quelle abilità (life skills) che ci permettono di essere individui in grado di rispondere in maniera efficace alle richieste del mondo nel quale viviamo e lavoriamo, potendo addirittura contribuire ad un suo miglioramento!
Privacy Policy