C’è un pallone che rotola, due contendenti corrono per agguantarlo e soltanto uno dei due riuscirà ad acciuffarne il possesso per sé e per la propria squadra.
Arriva il fatidico momento, lo scontro si risolve con il pallone che diventa proprietà momentanea di uno dei due contendenti. Qualcuno gioirà, qualcun altro dovrà adoperarsi per riprendersi il maltolto.
In tutto questo piccolo pezzo di sport che si vive quotidianamente in numerosi contesti, fuori dal campo, possiamo sentire le voci di chi incita, di chi incoraggia e di chi assiste alla diatriba:
gli allenatori, ovvero il focus di questo piccolo intervento.
UNA SCELTA DIFFICILE
Nella situazione descritta in precedenza le parole che un allenatore può scegliere di dire sono molteplici, pressoché infinite, ed ecco perché è così facile sbagliare e così difficile dire la cosa migliore al momento opportuno.
Alcuni esempi? Eccoli a voi..
ci si può complimentare per aver preso il pallone
si possono dare indicazioni su cosa fare del pallone appena preso
ci si può arrabbiare per non aver preso il pallone ed incitare al recupero
ci si può arrabbiare per non aver preso il pallone e criticare la poca voglia di competere
si può spiegare come fare ad arrivare sul pallone prima dell’avversario
si può addirittura spiegare che ci sono alternative al fiondarsi sul pallone (magari aspettare per poter difendere o per tenere una posizione di vantaggio, o perché palesemente in svantaggio rispetto all’avversario)
Pensandoci ancora un attimo possiamo trovare ancora altre varianti, e, come se non bastasse, ognuna delle casistiche appena elencate può essere espressa con parole, toni e volumi differenti.
Da cosa partire allora?
FATTI, NON OPINIONI!
Essere un allenatore, soprattutto, ma non esclusivamente, nelle fasce giovanili significa avere il delicato ruolo di
istruire, ovvero di dare le istruzioni che permettano ad un individuo di sviluppare le capacità e gli strumenti necessari per diventare capace ed abile di svolgere determinati comportamenti, gesti, scelte.
Se pensiamo alla situazione precedente, un pallone conteso, e pensiamo che l’atleta che stiamo curando in quel momento non ha avuto voglia di correre stiamo dando una nostra opinione della situazione!
Stiamo interpretando!
Interpretare significa dare la nostra sfumatura, il nostro punto di vista a ciò che sta succedendo, dando per scontato che il nostro pensiero istintivo (“Non ne ha voglia”) sia per forza di cose quello esatto ed inconfutabile. Il rischio, interpretando, è quello di cadere vittima di pregiudizi facili o ragionamenti scontati, che non risolvono le situazioni.
Un fatto, invece, è un avvenimento concreto, formato da comportamenti presi per quello che sono.
Ecco perché, allenando, una delle domande importanti da porsi è “Cosa è successo?”, concentrandosi in particolar modo sui fatti (le azioni ed i comportamenti), e non su quello che noi pensiamo di loro!
COSA SERVE ALL’ATLETA?
La seconda domanda chiave da porsi, una volta preso nota dei fatti, è “che cosa serve all’atleta?”, e questo apre ad alcune riflessioni interessanti: cosa può servire ad un atleta?
Ecco alcuni esempi:
- un incoraggiamento: “Dai che su quel pallone puoi arrivarci, il prossimo è tuo!”
- una domanda: “Hai corso al massimo delle tue possibilità per prendere quel pallone?”
- un consiglio: “Guarda la traiettoria del pallone per capire dove andrà ed arrivarci prima!”
- un’istruzione su cosa fare: “Corri e recupera! Corri e recupera!”
Chiaramente le frasi scritte sopra sono solo esempi generici, tuttavia spero riescano a rendere l’idea di come sia diverso comunicare in termini di fatti e comportamenti, piuttosto che in termini giudicanti e legati a nostre impressioni.
ALLENARE SOLUZIONI
Giudicare un atleta dicendo “non ne ha voglia” può (e sottolineo: può, non è garantito) scatenare una reazione d’orgoglio alla prima volta, può funzionare anche un altro paio di volte, ma se il giudizio diventa la regola alla lunga perde tutta la sua efficacia.
A suon di sentirsi dire che non ne hanno voglia atleti ed atlete ci daranno ragione.
Stare insieme a loro, conoscerli e sapere di cosa hanno bisogno (incoraggiamento, domande, ecc…) e stare con loro sui fatti, su ciò che succede, aiuta entrambi a ragionare sulle soluzioni e a trovarle.
Così, dialogando, diamo il via ad una doppia crescita: quella dell’atleta che si costruisce un bagaglio di soluzioni e la nostra di allenatori in grado di istruire e comunicare in maniera efficace!
RIASSUMENDO
Quando si allena, per sviluppare e costruire una comunicazione efficace, è fondamentale:
- prendere nota dei fatti (chiedersi “cosa è successo?”)
- essere consapevoli dei propri pregiudizi
- darsi il tempo di riflettere
- stare sull’atleta e su ciò di cui ha bisogno
- comunicare stando sul comportamento
- avere pazienza: all’inizio tutto questo sarà difficile, ma con il passare del tempo e della pratica diventeremo via via sempre più efficaci.